Exploring The Waste Land - Show supplementary text

Inferno
Canto IV
Dante Alighieri

Dante's original Italian

English translations in notes windowDante's original Italian
C.E. Norton prose translationIn NOTES frame
H.F. Cary poetic translationIn DEFINTIONS frame
H.W. Longfellow poetic translationIn AUXILARY window
Sources for text


  1.     Ruppemi l’alto sonno ne la testa
  2.     un greve truono, sì ch’io mi riscossi
  3.     come persona ch’è per forza desta;

  4.     e l’occhio riposato intorno mossi,
  5.     dritto levato, e fiso riguardai
  6.     per conoscer lo loco dov’ io fossi.

  7.     Vero è che ’n su la proda mi trovai
  8.     de la valle d’abisso dolorosa
  9.     che ’ntrono accoglie d’infiniti guai.

  10.     Oscura e profonda era e nebulosa
  11.     tanto che, per ficcar lo viso a fondo,
  12.     io non vi discernea alcuna cosa.

  13.     «Or discendiam qua giù nel cieco mondo»,
  14.     cominciò il poeta tutto smorto.
  15.     «Io sarò primo, e tu sarai secondo».

  16.     E io, che del color mi fui accorto,
  17.     dissi: «Come verrò, se tu paventi
  18.     che suoli al mio dubbiare esser conforto?».

  19.     Ed elli a me: «L’angoscia de le genti
  20.     che son qua giù, nel viso mi dipigne
  21.     quella pietà che tu per tema senti.

  22.     Andiam, ché la via lunga ne sospigne».
  23.     Così si mise e così mi fé intrare
  24.     nel primo cerchio che l’abisso cigne.

  25.     Quivi, secondo che per ascoltare,
  26.     non avea pianto mai che di sospiri
  27.     che l’aura etterna facevan tremare;

  28.     ciò avvenia di duol sanza martìri,
  29.     ch’avean le turbe, ch’eran molte e grandi,
  30.     d’infanti e di femmine e di viri.

  31.     Lo buon maestro a me: «Tu non dimandi
  32.     che spiriti son questi che tu vedi?
  33.     Or vo’ che sappi, innanzi che più andi,

  34.     ch’ei non peccaro; e s’elli hanno mercedi,
  35.     non basta, perché non ebber battesmo,
  36.     ch’è porta de la fede che tu credi;

  37.     e s’e’ furon dinanzi al cristianesmo,
  38.     non adorar debitamente a Dio:
  39.     e di questi cotai son io medesmo.

  40.     Per tai difetti, non per altro rio,
  41.     semo perduti, e sol di tanto offesi
  42.     che sanza speme vivemo in disio».

  43.     Gran duol mi prese al cor quando lo ’ntesi,
  44.     però che gente di molto valore
  45.     conobbi che ’n quel limbo eran sospesi.

  46.     «Dimmi, maestro mio, dimmi, segnore»,
  47.     comincia’ io per voler esser certo
  48.     di quella fede che vince ogne errore:

  49.     «uscicci mai alcuno, o per suo merto
  50.     o per altrui, che poi fosse beato?».
  51.     E quei che ’ntese il mio parlar coverto,

  52.     rispuose: «Io era nuovo in questo stato,
  53.     quando ci vidi venire un possente,
  54.     con segno di vittoria coronato.

  55.     Trasseci l’ombra del primo parente,
  56.     d’Abèl suo figlio e quella di Noè,
  57.     di Moïsè legista e ubidente;

  58.     Abraàm patrïarca e Davìd re,
  59.     Israèl con lo padre e co’ suoi nati
  60.     e con Rachele, per cui tanto fé,

  61.     e altri molti, e feceli beati.
  62.     E vo’ che sappi che, dinanzi ad essi,
  63.     spiriti umani non eran salvati».

  64.     Non lasciavam l’andar perch’ ei dicessi,
  65.     ma passavam la selva tuttavia,
  66.     la selva, dico, di spiriti spessi.

  67.     Non era lunga ancor la nostra via
  68.     di qua dal sonno, quand’ io vidi un foco
  69.     ch’emisperio di tenebre vincia.

  70.     Di lungi n’eravamo ancora un poco,
  71.     ma non sì ch’io non discernessi in parte
  72.     ch’orrevol gente possedea quel loco.

  73.     «O tu ch’onori scïenzïa e arte,
  74.     questi chi son c’hanno cotanta onranza,
  75.     che dal modo de li altri li diparte?».

  76.     E quelli a me: «L’onrata nominanza
  77.     che di lor suona sù ne la tua vita,
  78.     grazïa acquista in ciel che sì li avanza».

  79.     Intanto voce fu per me udita:
  80.     «Onorate l’altissimo poeta;
  81.     l’ombra sua torna, ch’era dipartita».

  82.     Poi che la voce fu restata e queta,
  83.     vidi quattro grand’ ombre a noi venire:
  84.     sembianz’ avevan né trista né lieta.

  85.     Lo buon maestro cominciò a dire:
  86.     «Mira colui con quella spada in mano,
  87.     che vien dinanzi ai tre sì come sire:

  88.     quelli è Omero poeta sovrano;
  89.     l’altro è Orazio satiro che vene;
  90.     Ovidio è ’l terzo, e l’ultimo Lucano.

  91.     Però che ciascun meco si convene
  92.     nel nome che sonò la voce sola,
  93.     fannomi onore, e di ciò fanno bene».

  94.     Così vid’ i’ adunar la bella scola
  95.     di quel segnor de l’altissimo canto
  96.     che sovra li altri com’ aquila vola.

  97.     Da ch’ebber ragionato insieme alquanto,
  98.     volsersi a me con salutevol cenno,
  99.     e ’l mio maestro sorrise di tanto;

  100.     e più d’onore ancora assai mi fenno,
  101.     ch’e’ sì mi fecer de la loro schiera,
  102.     sì ch’io fui sesto tra cotanto senno.

  103.     Così andammo infino a la lumera,
  104.     parlando cose che ’l tacere è bello,
  105.     sì com’ era ’l parlar colà dov’ era.

  106.     Venimmo al piè d’un nobile castello,
  107.     sette volte cerchiato d’alte mura,
  108.     difeso intorno d’un bel fiumicello.

  109.     Questo passammo come terra dura;
  110.     per sette porte intrai con questi savi:
  111.     giugnemmo in prato di fresca verdura.

  112.     Genti v’eran con occhi tardi e gravi,
  113.     di grande autorità ne’ lor sembianti:
  114.     parlavan rado, con voci soavi.

  115.     Traemmoci così da l’un de’ canti,
  116.     in loco aperto, luminoso e alto,
  117.     sì che veder si potien tutti quanti.

  118.     Colà diritto, sovra ’l verde smalto,
  119.     mi fuor mostrati li spiriti magni,
  120.     che del vedere in me stesso m’essalto.

  121.     I’ vidi Eletra con molti compagni,
  122.     tra ’ quai conobbi Ettòr ed Enea,
  123.     Cesare armato con li occhi grifagni.

  124.     Vidi Cammilla e la Pantasilea;
  125.     da l’altra parte vidi ’l re Latino
  126.     che con Lavina sua figlia sedea.

  127.     Vidi quel Bruto che cacciò Tarquino,
  128.     Lucrezia, Iulia, Marzïa e Corniglia;
  129.     e solo, in parte, vidi ’l Saladino.

  130.     Poi ch’innalzai un poco più le ciglia,
  131.     vidi ’l maestro di color che sanno
  132.     seder tra filosofica famiglia.

  133.     Tutti lo miran, tutti onor li fanno:
  134.     quivi vid’ ïo Socrate e Platone,
  135.     che ’nnanzi a li altri più presso li stanno;

  136.     Democrito che ’l mondo a caso pone,
  137.     Dïogenès, Anassagora e Tale,
  138.     Empedoclès, Eraclito e Zenone;

  139.     e vidi il buono accoglitor del quale,
  140.     Dïascoride dico; e vidi Orfeo,
  141.     Tulïo e Lino e Seneca morale;

  142.     Euclide geomètra e Tolomeo,
  143.     Ipocràte, Avicenna e Galïeno,
  144.     Averoìs, che ’l gran comento feo.

  145.     Io non posso ritrar di tutti a pieno,
  146.     però che sì mi caccia il lungo tema,
  147.     che molte volte al fatto il dir vien meno.

  148.     La sesta compagnia in due si scema:
  149.     per altra via mi mena il savio duca,
  150.     fuor de la queta, ne l’aura che trema.

  151.     E vegno in parte ove non è che luca.



Exploring The Waste Land - [Home] [E-mail] File date: Sunday, September 29, 2002