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Inferno
Canto XXXIII
Dante Alighieri

Dante's original Italian

English translations in notes windowDante's original Italian
C.E. Norton prose translationIn NOTES frame
H.F. Cary poetic translationIn DEFINTIONS frame
H.W. Longfellow poetic translationIn AUXILARY window
Sources for text


  1.     «Vexilla regis prodeunt inferni
  2.     verso di noi; però dinanzi mira»,
  3.     disse ’l maestro mio, «se tu ’l discerni».

  4.     Come quando una grossa nebbia spira,
  5.     o quando l’emisperio nostro annotta,
  6.     par di lungi un molin che ’l vento gira,

  7.     veder mi parve un tal dificio allotta;
  8.     poi per lo vento mi ristrinsi retro
  9.     al duca mio, ché non lì era altra grotta.

  10.     Già era, e con paura il metto in metro,
  11.     là dove l’ombre tutte eran coperte,
  12.     e trasparien come festuca in vetro.

  13.     Altre sono a giacere; altre stanno erte,
  14.     quella col capo e quella con le piante;
  15.     altra, com’ arco, il volto a’ piè rinverte.

  16.     Quando noi fummo fatti tanto avante,
  17.     ch’al mio maestro piacque di mostrarmi
  18.     la creatura ch’ebbe il bel sembiante,

  19.     d’innanzi mi si tolse e fé restarmi,
  20.     «Ecco Dite», dicendo, «ed ecco il loco
  21.     ove convien che di fortezza t’armi».

  22.     Com’ io divenni allor gelato e fioco,
  23.     nol dimandar, lettor, ch’i’ non lo scrivo,
  24.     però ch’ogne parlar sarebbe poco.

  25.     Io non mori’ e non rimasi vivo;
  26.     pensa oggimai per te, s’hai fior d’ingegno,
  27.     qual io divenni, d’uno e d’altro privo.

  28.     Lo ’mperador del doloroso regno
  29.     da mezzo ’l petto uscia fuor de la ghiaccia;
  30.     e più con un gigante io mi convegno,

  31.     che i giganti non fan con le sue braccia:
  32.     vedi oggimai quant’ esser dee quel tutto
  33.     ch’a così fatta parte si confaccia.

  34.     S’el fu sì bel com’ elli è ora brutto,
  35.     e contra ’l suo fattore alzò le ciglia,
  36.     ben dee da lui procedere ogne lutto.

  37.     Oh quanto parve a me gran maraviglia
  38.     quand’ io vidi tre facce a la sua testa!
  39.     L’una dinanzi, e quella era vermiglia;

  40.     l’altr’ eran due, che s’aggiugnieno a questa
  41.     sovresso ’l mezzo di ciascuna spalla,
  42.     e sé giugnieno al loco de la cresta:

  43.     e la destra parea tra bianca e gialla;
  44.     la sinistra a vedere era tal, quali
  45.     vegnon di là onde ’l Nilo s’avvalla.

  46.     Sotto ciascuna uscivan due grand’ ali,
  47.     quanto si convenia a tanto uccello:
  48.     vele di mar non vid’ io mai cotali.

  49.     Non avean penne, ma di vispistrello
  50.     era lor modo; e quelle svolazzava,
  51.     sì che tre venti si movean da ello:

  52.     quindi Cocito tutto s’aggelava.
  53.     Con sei occhi piangëa, e per tre menti
  54.     gocciava ’l pianto e sanguinosa bava.

  55.     Da ogne bocca dirompea co’ denti
  56.     un peccatore, a guisa di maciulla,
  57.     sì che tre ne facea così dolenti.

  58.     A quel dinanzi il mordere era nulla
  59.     verso ’l graffiar, che talvolta la schiena
  60.     rimanea de la pelle tutta brulla.

  61.     «Quell’ anima là sù c’ha maggior pena»,
  62.     disse ’l maestro, «è Giuda Scarïotto,
  63.     che ’l capo ha dentro e fuor le gambe mena.

  64.     De li altri due c’hanno il capo di sotto,
  65.     quel che pende dal nero ceffo è Bruto:
  66.     vedi come si storce, e non fa motto!;

  67.     e l’altro è Cassio, che par sì membruto.
  68.     Ma la notte risurge, e oramai
  69.     è da partir, ché tutto avem veduto».

  70.     Com’ a lui piacque, il collo li avvinghiai;
  71.     ed el prese di tempo e loco poste,
  72.     e quando l’ali fuoro aperte assai,

  73.     appigliò sé a le vellute coste;
  74.     di vello in vello giù discese poscia
  75.     tra ’l folto pelo e le gelate croste.

  76.     Quando noi fummo là dove la coscia
  77.     si volge, a punto in sul grosso de l’anche,
  78.     lo duca, con fatica e con angoscia,

  79.     volse la testa ov’ elli avea le zanche,
  80.     e aggrappossi al pel com’ om che sale,
  81.     sì che ’n inferno i’ credea tornar anche.

  82.     «Attienti ben, ché per cotali scale»,
  83.     disse ’l maestro, ansando com’ uom lasso,
  84.     «conviensi dipartir da tanto male».

  85.     Poi uscì fuor per lo fóro d’un sasso
  86.     e puose me in su l’orlo a sedere;
  87.     appresso porse a me l’accorto passo.

  88.     Io levai li occhi e credetti vedere
  89.     Lucifero com’ io l’avea lasciato,
  90.     e vidili le gambe in sù tenere;

  91.     e s’io divenni allora travagliato,
  92.     la gente grossa il pensi, che non vede
  93.     qual è quel punto ch’io avea passato.

  94.     «Lèvati sù», disse ’l maestro, «in piede:
  95.     la via è lunga e ’l cammino è malvagio,
  96.     e già il sole a mezza terza riede».

  97.     Non era camminata di palagio
  98.     là ’v’ eravam, ma natural burella
  99.     ch’avea mal suolo e di lume disagio.

  100.     «Prima ch’io de l’abisso mi divella,
  101.     maestro mio», diss’ io quando fui dritto,
  102.     «a trarmi d’erro un poco mi favella:

  103.     ov’ è la ghiaccia? e questi com’ è fitto
  104.     sì sottosopra? e come, in sì poc’ ora,
  105.     da sera a mane ha fatto il sol tragitto?».

  106.     Ed elli a me: «Tu imagini ancora
  107.     d’esser di là dal centro, ov’ io mi presi
  108.     al pel del vermo reo che ’l mondo fóra.

  109.     Di là fosti cotanto quant’ io scesi;
  110.     quand’ io mi volsi, tu passasti ’l punto
  111.     al qual si traggon d’ogne parte i pesi.

  112.     E se’ or sotto l’emisperio giunto
  113.     ch’è contraposto a quel che la gran secca
  114.     coverchia, e sotto ’l cui colmo consunto

  115.     fu l’uom che nacque e visse sanza pecca;
  116.     tu haï i piedi in su picciola spera
  117.     che l’altra faccia fa de la Giudecca.

  118.     Qui è da man, quando di là è sera;
  119.     e questi, che ne fé scala col pelo,
  120.     fitto è ancora sì come prim’ era.

  121.     Da questa parte cadde giù dal cielo;
  122.     e la terra, che pria di qua si sporse,
  123.     per paura di lui fé del mar velo,

  124.     e venne a l’emisperio nostro; e forse
  125.     per fuggir lui lasciò qui loco vòto
  126.     quella ch’appar di qua, e sù ricorse».

  127.     Luogo è là giù da Belzebù remoto
  128.     tanto quanto la tomba si distende,
  129.     che non per vista, ma per suono è noto

  130.     d’un ruscelletto che quivi discende
  131.     per la buca d’un sasso, ch’elli ha roso,
  132.     col corso ch’elli avvolge, e poco pende.

  133.     Lo duca e io per quel cammino ascoso
  134.     intrammo a ritornar nel chiaro mondo;
  135.     e sanza cura aver d’alcun riposo,

  136.     salimmo sù, el primo e io secondo,
  137.     tanto ch’i’ vidi de le cose belle
  138.     che porta ’l ciel, per un pertugio tondo.

  139.     E quindi uscimmo a riveder le stelle.



Exploring The Waste Land - [Home] [E-mail] File date: Sunday, September 29, 2002